La famiglia : i Ferrero di S.Quirico (di Ceva e d’Ormea) di Antonello Ferrero

STEMMAPremessa : da decine di anni ci occupiamo  professionalmente di archivi –soprattutto ecclesiali, ma anche privati e di conseguenza di materie attinenti il percorso e le trasmissioni di  cognomi,proprietà, titoli. Appurando che non esistono trasmissioni lineari di sangue (ne “blu” ne di altri colori che non siano il rosso, e che è l’unico accertabile, e parte per la nostra specie  con la formazione di scimmie antropomorfe prima, e poi di ominidi scuri nelle savane africane).

Gli individui si uniscono in base ad aleatorietà delle più disparate, per luoghi,censo, religioni,fatti guerreschi, sociali ed economici. Non esistono famiglie di nobili, santi ed esploratori pure ed aliene da  pezzenti,malfattori,prostitute ed avventurieri. La nobiltà-e potere- si fonda ab-origine e forma sulla mera forza,astuzia e sopraffazione.  Racconto a tal proposito e sempre nei seminari di storie locali, presso le scuole –e specificando proemialmente di non aver mai avute spinte o prolusioni ideologiche di tipo marxista-leninista – che ad anno “zero” della socialità, v’era una vallata fertile di terra ed acqua e che mentre taluno si procurava e fabbricava gli strumenti atti alla coltivazione (zappa,aratro ecc.) un altro si procurava altrimenti un bastone, una spada. Quest’ultimo aspettava il primo ,il coltivatore, sulla strada, ad avvenuto raccolto e ponendosi in mezzo ad essa con in mano l’arma, profferiva il seguente discorso : “vedo che hai lavorato sodo e bene, ma ho  visto aggirarsi nei paraggi un brutto ceffo armato, che magari  ti assale , ti toglie tutto il tuo raccolto ed è anche capace di ucciderti; a me queste cose non piacciono, facciamo così tu mi dai una parte del tuo raccolto io in cambio ti difendo da simili  malintenzionati. Il coltivatore giocoforza capiva l’antifona e si adattava a produrre pure per l’altro, che dopo tempo e individuati nella zona altri coltivatori, esplicitava : per difendere voi ed i vostri raccolti io devo assumere altre persone –armati- e voi ci dovete nutrire e sostenere. Era nato il potere! A cui si aggiunse –e per consolidarlo in seguito-  chi diceva e sempre al misero contadino : “sei un pover’uomo e Iddio lo ha voluto, perché patirai le ingiustizie del più  forte in questo mondo, ma nell’aldilà, sarai nella gloria per l’eternità, mentre chi oggi ti impone e comanda difficilmente vedrà la bellezza dei cieli”…ma….ma per far che ciò avvenga bisogna che io preghi per te ed interceda presso nostro Signore, che tu sei un semplice zotico e i tuoi peccati grandi…e …e per far ciò bisogna che tu costruisca una casa a Dio  e mi mantenga. Così disse il prete e codificò la diseguaglianza e l’ingiustizia del potere : “deus vult”.E mi viene sempre in mente un grande sacerdote-naturalmente lontano dagli ambienti curiali- e che ho avuto l’onore di conoscere: don Andrea  Gallo (1928-2013) che raccontava: “quando i primi missionari e la Chiesa andarono a predicare  nelle terre scoperte del nuovo mondo nell’America latina,essi avevano solo la Bibbia ed i nativi le terre. Ora la Chiesa ha le terre ed ai nativi è rimasta la Bibbia! E andando dietro di venti generazioni  sino a Carlo Magno e fatto il debito confronto tra la popolazione d’allora in Europa e l’attuale,si viene a scoprire che siamo un po’ tutti imparentati e come dimostrano le analisi mitocondriali espletate dalla scienza. Quindi per specificare che esistono delle ricerche fatte –come in questo caso- per dare un senso sociale  alla propria identità famigliare e storica. Non tracciando quindi epiditticamente linee demarcate fatte di nomi, e date che fanno parte della sostanziale riservatezza di una famiglia e che alcuni siti –abusivi e noncuranti della privacy – propagano ed anche facendo confusioni ed errori madornali, scevri da informazioni dirette e studi e desiderosi di alimentare unicamente il loro  “io” ed  il “chiacchierio” della rete.

Ed iniziamo il racconto  a grandi linee di una famiglia,desunto da ricerche d’archivio,”guide Monaci”, oggetti e valigie di casa spostate da un luogo all’altro d’Italia e documenti reperiti nel” mar magnum” delle carte dei mercati. Che le memorie individuali e “narrate”, sono quanto di più aleatorio possa esserci e possono costituire solo tracce, mai certezze ; così come abbiamo appurato in anni ed anni di ricerche. La memoria reale attiene  e solo,  le proprietà-che sono poi desunte da titoli catastali- per il resto la maggior parte delle persone conosce vita e gesta del proprio genitore, a volte quelle del nonno ed ignora in modo completo gli altri avi. A volte v’è il preciso intento di chi “narra” di non raccontare cose spiacevoli e disdicevoli, ma a volte una completa ignoranza od una travisazione dei fatti, dettata da altri racconti appresi sommariamente con intenti apologetici o tendenti ad esempio a sminuire un dato avo, un dato percorso sociale. Non staremo qui a sviscerare psicologie e sociologie inerenti,con le quali si “costruisce” un racconto, ne è questa la sede,vogliamo solamente delineare il quadro d’insieme con cui si perviene a volte a percorsi sbagliati. Ci è capitato in archivi ecclesiali di seguire su indicazioni del proponente  la ricerca, di imbatterci in sequele di stessi nomi e cognomi (in Italia e altrove si tende a dare al nascituro il nome del nonno,e se più fratelli lo fanno,si hanno una serie di omonimi in cui è poi difficile districarsi e tanto più che vi sono comunità con cognomi identici pur appartenendo a ceppi diversi) e dove la stessa  memoria individuale e attinente  era deficitaria se non fuorviante.

I Ferrero della città monregalese  ( da Monregale l’antico nome dell’attuale Mondovì) iniziano la loro storia sin dal XIII secolo, e a partire da almeno la fine del quattrocento avevano iniziato a comprare vasti possedimenti e diritti signorili nel distretto, esercitando il mestiere tipico dei ricchi del luogo:cambiavalute e prestatori di denaro. Cavalieri di Malta e dei Santi Maurizio e Lazzaro furono al servizio militare dei Savoia con alti gradi , poi nei loro  rami e nizzardo e francese di St.Laurent , Thaone   e marchesi e cardinali e senatori.  Nella  metà del seicento sono inseriti nella “Corona reale dei Savoia” come tra le dieci principali famiglie della città.

I Ferrero monregalesi erano abbastanza però riottosi ed indipendenti tant’è che i loro principali esponenti vengono condannati a morte dal re  Vittorio Amedeo II per essere stati i capi della detta “Guerra del sale”nel  1680-1699. Comunque  riappacificate  le questioni,  “l’esercizio della nobiltà” viene poi espletato ai massimi gradi nel monregalese,  dal Primo Ministro del re e Gran Cancelliere Carlo Francesco Vincenzo Ferrero di Roasio,(1680-1745)primo marchese d’Ormea e che termina dal punto  di vista prettamente dinastico e nobiliare con Paolo figlio di  Tancredi (1886-1949) 7° marchese, in quanto morì scapolo.  Questo il ramo principale a cui  si affiancano altri collaterali.  E parleremo  qui del nostro,  dei Ferrero capostipite Borgo III, e andando ad Adriano Ferrero (1681 post 1742) primo sindaco della città di Mondovì dopo la riforma comunale del 1733; e che non volendosi “infeudizzare”(e cioè andare ad appartenere allo strascico della nobiltà sabauda, ridotti senza beni ne possessi significativi, e a piatire incarichi e sottoincarichi) iniziano a firmarsi ” Cavalieri di S.Quirico “da un loro fondo e casale (nonostante lontani ormai da attributi feudali,ordini cavallereschi e cariche nobilitanti) ma con un  prestigio di storia e appartenenza loro conclamato da vari avvenimenti sociali,  e riconosciuto dallo stesso Tancredi  marchese d’Ormea titolare dei fasti della casata maggiore nel 1841. Questo ramo gravita –e almeno sino ai primi anni del ‘900, nei comuni di Mondovì, Cuneo, Alba, Ceva ,Viola,Montaldo e   limitrofi. Uno  dei  nipoti omonimo del sindaco Adriano,  ha tra i vari figli (più di dieci)nel 1815 :Onorato che a sua volta procrea tra i sei figli nel 1855 : Giovanni Battista che ha nei suoi otto figli nel 1880 : Lorenzo di Ceva (Cuneo)  (negoziante di bovini all’ingrosso) che insieme ad una decina di figli procrea:Giovanni  (nostro genitore 1909 +1987) che fugge di casa a sedici anni e si arruola in Guerra nei Carabinieri Reali a cavallo, destinazione Africa Orientale Italiana quindi maresciallo dell’Arma e poi  imprenditore immobiliare di successo.  Giovanni fù  in contatto epistolare con Cristina figlia di Gustavo 6° marchese d’Ormea (1899-1999) e grazie alla quale e alla disposizione dei suoi documenti (in tanta parte donati all’Archivio di Stato di Torino) abbiamo potuto far luce sulla  nostra famiglia.

Crediamo che le memorie famigliari vadano conservate e valorizzate : esse costituiscono il faro con cui si  portano avanti i concetti del rispetto –verso gli altri tutti- e dell’amore per i patrimoni di bellezza o di costume tramandatici. E non v’è bisogno di credersi o apparire nobili,che la vera nobiltà è data dall’uomo che ha in se la sensibilità e la trasmissione mnemonica, per portar avanti quanto di buono fatto dagli  avi e per non ripeterne gli eventuali errori e malefatte. Per questo motivo vorremmo esortare tutti a costituire gli alberi genealogici delle proprie famiglie , fatti di gente comune :  operai, maestri,donne di casa, artigiani, che hanno contribuito all’attuale benessere e libertà  e scavando (che siamo tutti parenti) generali, musicisti, conti , banditi e ignavi. Ma e soprattutto per costituire la storia del popolo e dei luoghi, senza la quale è incomprensibile la Storia con la S maiuscola dei libri.

E volendo parlare –e sempre in modo riassuntivo- del ramo materno della nostra famiglia, partirei qui da Natalia Nioi (nostra genitrice)-possidente- dei Satta –Tola Dore nata nel 1921 +2006.

Il padre Antonio Giuseppe Nioi era un possidente, allevatore e produttore di formaggi, Raffaela Angela Adelaide Satta Tola la madre, era figlia del Segretario comunale di Olzai (NU) Antonio Giovanni Diego Nonnis Satta Tola e  di Maria Barbara Luigia Dore :

Antonio Giovanni Diego Nonnis Satta Tola,  portava un cognome importante della nobiltà sassarese,era ascendente- da parte della madre Mariangela Tola – il cui cognome fù aggiunto al suo – di Efisio Tola grande martire del Risorgimento italiano (1803-1833) ufficiale sardo ,messo a morte dai “sabaudi” per “aver letto la Giovane Italia ed altri libri sediziosi e non averne dato notizia ai superiori, ma soprattutto, non aver voluto confessare -avrebbe avuto salva la vita- chi glieli avesse forniti. Le sue parole ultime alle esortazioni ad indicare la provenienza delle pubblicazioni, sono un inno alla lealtà ed  all’onore : “Non sono reo,ne ho complici, ma se anche ne avessi, ne il nome sardo ne il mio farei prezzo di tanta infamia e tanta viltà”. Ed ai giudici :” in nome della giustizia mi volete morto e morrò  facendovi vedere come si sappia e si debba morire.”

Maria Barbara Luigia era sorella di Francesco Giovanni Maria Emanuele Dore di Olzai (famiglia di medici, avvocati, notai) medico chirurgo, giornalista (1860-1940) deputato al Parlamento del Regno per due legislature nelle file dei radicali benché di estrazione cattolica;  i figli intellettuali eterogenei di prestigio nel panorama italiano : Grazia Dore (poetessa di “altissima levatura” (Pasolini) e direttrice didattica di    scuole,scrittrice,saggista )  Antonio (amico e collaboratore di Gramsci, confinato antifascista,  sarà il primo segretario del Partito Comunista in Sardegna) Giampietro ( direttore di importanti giornali cattolici, amico di  Sturzo,Moro, Montini (Paolo VI) , Peppina ( giornalista e scrittrice, amica del Nobel Grazia Deledda), Raffaella ( scrittrice,  importante pedagogista).

Lascia un commento